Il lavoro nell’epoca moderna
Sempre tratto da Anam Cara (dalle bozze della prossima nuova pubblicazione italiana).
La visione del giorno come luogo sacro offre un piacevole cornice alla creatività che si può esprimere nel corso della giornata, La nostra vita assume la forma del giorno in cui dimoriamo, ed essi entrano in noi, Purtroppo, nella vita moderna, il giorno è spesso inteso come una gabbia in cui rischiamo di perdere giovinezza, energia e forza; e ciò soprattutto perché gran parte della giornata è dedicata ad attività lavorative che sono estranee al territorio della creatività e delle emozioni. Negoziare le mansioni lavorative può essere complesso e difficile; molti di noi lavorano per qualcun altro, e sprecano una grande quantità d’energia, tant’è che, concretamente la nostra definizione di energia consiste nella capacità di svolgere un lavoro. I giorni trascorsi in una sorta di gabbia ci rendono stanchi e annoiati; in città gli ingorghi del mattino intrappolano persone che sono appena saltate fuori dal buio della notte, e che sono ancora assonnati, pieni d’ansia e frustrati. La pressione e lo stress ci derubano fin da subito della nostra giornata, cosicché, quando alla sera ritorniamo a casa, non ci resta più energia per i desideri, i pensieri e le emozioni che abbiamo trascurato per tutte quelle ore.
Di primo acchito, far concordare il mondo del lavoro con quello dell’anima sembra assai complesso. La maggior parte di noi ha bisogno di lavorare per sopravvivere. Dobbiamo guadagnare soldi, non c’è altra scelta, D’altro canto, i disoccupati si sentono frustrati e sviliti, e soffrono a causa di una gran perdita di dignità. Per contro, chi lavora, si sente spesso imprigionato in una rete fatta di prevedibilità e ripetitività: è lo stesso tutti i giorni, e nel lavoro c’è un aspetto estremamente anonimo, tutto ciò che ci viene richiesto è la cessione della nostra energia. Andiamo e veniamo sul nostro posto di lavoro tutto il giorno, e la sera, non appena ce ne siamo andati, veniamo dimenticati. Spesso abbiamo l’impressione che il nostro contributo, pur essendo richiesto e necessario, sia in realtà soltanto funzionale e in realtà ben poco apprezzato. L’attività lavorativa non dovrebbe essere affatto così, ma trasformarsi in un’arena di possibilità e di vera e propria espressione di noi stessi.
Tratto dalle bozze di Anan Cara, in corso di traduzione per Mondadori ©. Tutti i diritti riservati, riproduzione vietata.