L’allevamente industriale è una delle principali cause dell’effetto serra. Ma cosa comporta, quali sono le sofferenze degli animali?
Dietro i muri dei macelli…
Cosa c’è, dunque, di tanto inconfessabile da doverlo nascondere dietro i muri dei macelli o nei capannoni degli allevamenti industriali? Ciò che sto per descrivervi è scioccante. Forse dovrei farlo precedere dalla menzione: «Attenzione! Questi contenuti potrebbero scioccare le persone più sensibili»? Tuttavia, per poter autenticamente sentirsi coinvolti dalla sorte degli altri esseri, e quindi agire, per quanto ci è possibile, così da alleviare le loro sofferenze, non è forse necessario acquisirne consapevolezza? La storia ci ha dimostrato che il distogliere lo sguardo ha sempre lasciato libero sfogo alle peggiori atrocità, ritardando gli interventi necessari per arrestarle. A che servirebbe edulcorare la realtà? Non è forse meglio guardarla in faccia, e attingere al coraggio della compassione?
L’opinione della grande primatologa Jane Goodall
Ascoltiamo le parole della grande primatologa Jane Goodall:«Ciò che mi sciocca di più è l’atteggiamento pressoché schizofrenico delle persone quando si fa riferimento alle condizioni terribili degli allevamenti intensivi, al crudele ammassamento di esseri sensibili in spazi minuscoli – condizioni talmente orribili che si è obbligati a somministrare loro continuamente dosi di antibiotici per mantenerli in vita, altrimenti si lascerebbero morire. Ho spesso descritto l’incubo dei trasporti – se un animale cade lo si solleva per una gamba, che si spezza – e dei mattatoi in cui molti animali non sono nemmeno storditi prima di essere spellati vivi o gettati nell’acqua bollente. Com’è ovvio, ciò è atrocemente doloroso. Quando racconto gente, spesso mi rispondono: ‘Oh, no, per favore, non me ne parli,sono troppo sensibile e adoro gli animali’. Allora mi dico: «Ma cosa c’è che non funziona nel cervello di questa persona?!»
Mattatoi ‘umanizzati’?
Qualcuno potrebbe obiettare che sì, è orribile, ma che ormai i mattatoi sono stati notevolmente umanizzati. Umanizzati? Quando gli esseri umani trattano i loro simili in quel modo, non si può certo parlare di umanizzazione, ma di disumanizzazione e di barbarie. Alcune delle descrizioni che seguono, e in particolare quelle di Upton Sinclair, il primo a raccontare la sorte degli animali nei mattatoi di Chicago nel suo La giungla, risalgono a un secolo fa, altre sono contemporanee e dimostrano che, a parte qualche piccola innovazione, la strage prosegue e si amplifica, tutti i giorni e per tutto l’anno, anche se preferiamo distogliere lo sguardo. Allora, almeno per una volta, confrontiamoci con la realtà:
I macellatori e il loro ‘lavoro’
… Su uno dei lati, correva uno stretto corridoio lungo il quale gli uomini, muniti di pungoli elettrici, facevano confluire il bestiame. Una volta entrati là dentro, i bovini venivano imprigionati in compartimenti separati in cui non potevano voltarsi. Muggivano e sbattevano contro le pareti, mentre gli incaricati di «tramortire», che si protendevano al di sopra dei box, aspettavano il momento propizio per stordirli con un colpo di mazzapicchio. I rumori sordi dei colpi di martello sui crani delle bestie si succedevano a raffica, mescolandosi al baccano dei colpi di zoccoli dei bovini. L’intera sala ne risuonava. Non appena l’animale cadeva a terra, il macellatore passava al successivo, mentre un altro operaio azionava una leva per aprire uno dei lati del box; a quel punto l’animale, che continuava a dibattersi, scivolava fino alla catena di macellazione. Là una delle sue zampe veniva stretta in un cerchio d’acciaio, si azionava una manovella e il bovino era brutalmente sollevato da terra […] Bisognava davvero vedere come quegli uomini si davano da fare! […] Il primo era il macellaio incaricato di dissanguare l’animale. Lo faceva con un solo colpo di coltello, con una tale rapidità che si vedeva a malapena il riflesso della lama. In un batter d’occhio, si precipitava verso la fila seguente, mentre un ruscello di sangue rosso vivo ricopriva il suolo. Quegli operai sguazzavano in un autentico mare di sangue, malgrado tutti gli sforzi dei pulitori, che si sforzavano di farlo defluire negli appositi canali.
Sempre peggio…
Dal 1906, data della prima pubblicazione de La giungla, (che a quei tempi sollevò una vera e propria ondata di protesta), la sola cosa a essere cambiata è il numero superiore di animali uccisi: 60 miliardi all’anno, considerando soltanto gli animali terrestri, secondo le statistiche della FAO, e oltre 100 miliardi secondo altre stime. Melanie Joy ha calcolato che se dieci milioni di persone, corrispondenti al numero di animali terrestri uccisi ogni anno negli Stati Uniti, si mettessero in fila indiana, farebbero ottanta volte il giro dell’intero Pianeta.
Una società “normale”?
Quando una società considera normale il puro e semplice sfruttamento di altri esseri senzienti per i propri fini, non prende in considerazione la sorte di chi viene strumentalizzato, i principi morali sui quali è fondata sono messi a dura prova. Quando gli esseri umani sono sviliti, spesso vengono assimilati agli animali e viene riservata loro la stessa brutalità che noi usia-mo solitamente verso le bestie. Lo sfruttamento degli animali è accompagnato da un grado supplementare di svalorizzazione: sono ridotti allo stato di prodotti di consumo, riproducibili all’infinito, semplici macchine da carne, o ancora giocattoli viventi le cui sofferenze divertono o affascinano le folle. La loro natura di esseri senzienti viene deliberatamente ignorata, diventando così dei veri e propri oggetti.
Le leggi dei sistemi di produzione industriale
Rispetto a quanto avverrebbe in condizioni naturali, nei sistemi di produzione industriale la durata della vita degli animali da allevamento è di circa un quarto per i bovini e di un sessantesimo per il pollame. Considerando quest’ultimo caso, è come se la speranza di vita di un uomo fosse solo di un anno e quattro mesi. Gli animali vengono imprigionati in box dove non possono nemmeno voltarsi, sono castrati, i piccoli vengono separati dalle madri dalla nascita, si comincia a smembrare gli animali ancora coscienti, poiché sono momentaneamente sopravvissuti a ciò che avrebbe dovuto porre fine alla loro vita, o ancora vengono tritati vivi da ingranaggi meccanizzati (è questa la sorte che viene riservata a centinaia di milioni di pulcini maschi ogni anno). In altri casi gli animali vengono fatti soffrire per il nostro divertimento (corride, combattimenti di cani e galli), oppure sono catturati con trappole dalle ganasce d’acciaio che gli spezzano le membra, oppure vengono scuoiati vivi.
Nessuna consapevolezza
Per dirla altrimenti, decidiamo quando, come e dove moriranno, senza che ci passi per l’anticamera del cervello di domandarci cosa provino.
Tratto da “Sei un animale! Perché abbiamo bisogno di una rivoluzione animalista“,
di Matthieu Ricard (Autore), Sergio Orrao (Traduttore). Sperling & Kupfer, 2016 ©, Tutti i diritti riservati, riproduzione vietata.