Gli anni del tramonto
Nascere mortali
Undici anni fa, in una fredda e piovosa mattina, mi trovavo a Boston, al fianco di mia moglie, che riposava a letto, tenendo tra le braccia la nostra neonata figlioletta. Malgrado la mia gioia fosse infinita, tra i miei pensieri s’era insinuato un lieve turbamento. Avevamo generato quella bellissima bambina, e così facendo l’avevano introdotta alla realtà della mortalità umana. Un giorno anche lei sarebbe dovuta morire. Pur essendo al colmo della felicità per il suo arrivo, non avevo potuto evitare di pensare, anche se solo per un secondo, al suo futuro addio.
Sentirsi giovani, sentirsi vecchi…
Viviamo e moriamo in ogni istante della nostra esistenza, penetrando sempre più in essa, e nel contempo allontanandocene. In un qualsiasi momento possiamo sentirci giovani, oppure avvertire che siamo invecchiati. Sebbene l’età abbia una dimensione concreta, definita dal numero di anni che abbiamo vissuto, dipende soprattutto da come ci immaginiamo di essere, da come ci sentiamo in questo preciso istante.
Giovani che si sentono vecchi, vecchi che si sentono giovani!
Quella dell’invecchiamento definito dall’immaginazione, ovvero dell’età dell’anima anziché quella del corpo, è una delle idee centrali di tutta l’opera di James Hillman. In uno dei suoi primi saggi, Hillman descrive proprio l’immagine dell’invecchiamento, servendosi del termine “senex”, l’antica parola romana col quale veniva definito un vecchio o una vecchia. Secondo la sua teoria, l’età è una qualità delle persone, dei luoghi e delle cose. I giovani possono ben sentirsi vecchi, e i vecchi giovani. A un certo punto della nostra vita, possiamo renderci conto che stiamo avanzando negli anni, ma poi andare avanti come abbiamo sempre fatto. L’età è sempre quella che immaginiamo di avere.
Restare in contatto con la propria giovinezza
Invecchiare non è peraltro un processo immaginario. Invecchiamo realmente, sebbbene non siamo vincolati dal numero di primavere che abbiamo accumulato. Alcuni bambini sembrano già dei vecchi, mentre troviamo dei novantenni dall’aria sorprendentemente giovane. Invecchiando non è comunque opportuno negare la propria età: un anziano che cerca a tutti i costi di sembrare giovane spesso sembra tristemente fuori posto. Ma non è neppure il caso di perdere contatto con la propria giovinezza. Forse l’ideale è mantenere la tensione creativa tra invecchiamento e giovinezza, di modo che l’uno influenzi continuamente l’altro. E per riuscirci, è indispensabile non prendere nessuno dei due fenomeni alla lettera.
Paradossi…
Durante il Rinascimento c’era l’abitudine di realizzare immagini che mostravano il paradosso della gioventù e della vecchiaia. Per esempio, abbiamo tartarughe con sopra una vela, farfalle posate sui granchi, figure con la testa di un vecchio e il corpo di un bambino. La gente portava medaglioni con incisi motti enigmatici, come per esempio senex-puer (vecchio, giovane), matura celeritas (maturo-vivace) e velocità-pazienza. C’era anche un detto popolare, festina lente (affrettati ma con calma) che è stato poi comunemente impiegato per descrivere il progresso della Chiesa. Uno dei miei primi ricordi è il pianto disperato di un’amata zia, che si lamentava con mia madre di essere ormai una vecchia. Aveva sedici anni!
Tratto dalle mie bozze di traduzione, l’edizione Italiana è purtroppo fuori catalogo, resta l’originale:
Dark Nights Of The Soul: A guide to finding your way through life’s ordeals
Edizione Inglese di Thomas Moore (Autore)
In Italiano il libro è stato pubblicato con il titolo (che non mi piace) “Un domani senza paura“, di cui sembra resti solo un dvd audio (secondo Amazon). So per certo che è completamente sparito dagli orizzonti di Sperling & Kupfer, non ho potuto nemmeno avere il pdf finale, ma si trova curiosando tra chi vende libri d’occasione,