Ciao a tutti, editori, redattori, scout e agenti, colleghi traduttori e semplici lettori! Mi presento: mi chiamo Sergio Orrao e traduco da trent’anni, dal francese e dall’inglese all’italiano. Sul ruolo del traduttore se ne dicono tante, è una questione a parte su cui, almeno per ora, non voglio entrare. Con questo sito mi propongo semplicemente di raccontare come la mia vita è diventata un tutt’uno con le mie traduzioni. Chi non ha voglia o tempo di leggermi può semplicemente richiedere il curriculum per mail, con tutti i titoli e i dati degli oltre centro libri che ho tradotto.
Vorrei comunque cominciare con qualcuno che (infine) rende omaggio alla categoria, citando J. Hilllman, uno dei padri della psicanalisi moderna: “Sono così grato ai traduttori. È un lavoro così incredibilmente sottovalutato. Il traduttore deve in qualche modo entrare in una mentalità, e, così dire, raccogliersi davanti allo stesso altare. Una volta ho conosciuto il traduttore americano di Mallarmé e Corbière. Era solito sedersi sulle loro tombe per “entrare” nella loro anima” (J. Hillman, da «Il linguaggio della vita», Rizzoli). Sì, penso proprio che la mia professione implichi qualcosa del genere, anche se l’unica tomba su cui mi sono veramente raccolto in meditazione è stata quella del mio adorato Marc Chagall (che però «scriveva» con i colori).
Alle superiori le mie lezioni preferite erano quelle di inglese e di francese. All’età di 20 anni, dopo la maturità, una cara amica mi regalò «Il profeta», di Kahlil Gibran, mi sembra edizioni Guanda, con traduzione di Carlo Bo, e testo inglese a fronte. Volli fare un check-up e mi sembrò che Carlo Bo (chiedo scusa) si fosse lasciato andare a troppe ‘interpretazioni’ personali. Così, armato della mia Olivetti lettera 35, mi misi subito all’opera. Devo dire, con sfacciataggine, che alla fine la mia traduzione mi sembrò migliore di quelle dell’illustre Bo. Tant’è che ne feci una copia e la spedii all’editore. Ovviamente non ebbi nessuna risposta, ma perlomeno, ci avevo provato! Ne ho ancora una copia, ma chissà dov’è finita!
Da una decina d’anni ero molto interessato alle tradizioni spirituali buddhiste. Tradussi qualche articolo (gratuitamente) per la rivista Dharma, diretta da Vincenzo Piga, grande promotore del buddhismo in Italia e che sarebbe poi diventato fondatore dell’UBI (Unione Buddhista Italiana). Un amico indimenticabile, Giampaolo Fiorentini, mi disse che me la cavavo bene, e che avrei dovuto provare a contattare qualche casa editrice italiana. Verso la trentina, ero intento a leggere articoli e scritti sul cosiddetto ‘buddhismo impegnato’, ovvero una sorta di matrimonio tra la concezione buddhista del mondo e l’attivismo sociale.
Uno dei capostipiti dell’engaged buddhismo era il thailandese Sulak Sivaraksa, e un suo testo, Seeds of Peace, attrasse la mia attenzione. Sempre incoraggiato da Fiorentini, provai a proporlo alla casa editrice Ubaldini, la cui linea editoriale era da sempre la psicologia clinica e le religioni dell’India e dell’Estremo Oriente. qualche anno più tardi ebbi il piacere di conoscere Sulak e la sua deliziosa consorte invitandoli ad Alessandria, dove tenne una conferenza magistrale: Sulak Sivaraksa, una ‘presenza ‘!
Grazie alla benevolenza di Francesco Gana, direttore editoriale, che volle accettare la mia proposta (essì, cominciai proprio facendo un po’ di scouting) l’opera uscì con il titolo di «Semi di Pace» (non credo che quel libretto abbia venduto molto, ma era comunque un inizio).
Fu proprio grazie alla rivista Dharma che feci conoscenza con Thich Nhat Hanh, monaco zen vietnamita, scrittore e poeta, uno dei più grandi fautori della pacificazione tra i due Vietnam (tant’è che Martin Luther King lo candidò per il Nobel per la pace). La semplicità con cui illustrava i concetti più complessi, la grazia del suo linguaggio poetico, l’impeccabile presenza mentale, la soavità e la dolcezza con cui si esprimeva me ne fecero innamorare. Per mia grande fortuna, Ubaldini mi concesse di tradurre, tra il 1994 e il 1997, ben sei suoi volumi. Non solo, una sera, parlando al telefono con Piga proprio di Thich Nhat Hanh, Vincenzo mi lanciò questa proposta: «Non è mai venuto in Italia, perché non lo inviti tu?», e mi diede il numero telefonico del Plum Village, comunità nei pressi di Bordeaux, dove Thich Nhat Han si era insediato, con una bella comunità di monaci e laici, dopo che gli era stato negato il permesso di rientrare in Vietnam.
Detto fatto, qualche giorno dopo, una sera telefonai a quel numero. Mi rispose la sua assistente. Le spiegai che da anni dirigevo un piccolo centro di studi e di pratica buddhista (a Ventimiglia, il Centro Studi Kalachakra, guidato da Geshe Jampa Lodro) e che mi avrebbe fatto piacere invitare Thay (il suo soprannome, ‘maestro’) in Italia. Sister Chan Khong, così si chiamava quella splendida persona, mi rispose che Thay non era mai stato in Italia, e che sarebbe sicuramente venuto con piacere. Immaginate la mia gioia!
Ovviamente il corso/ritiro di meditazione ebbe luogo in una struttura più adatta ad accoglierlo, l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, con la collaborazione del compianto Flavio Pelliconi. Fu un’esperienza bellissima e il ricordo che più ho impresso nella memoria risale a quando spiegai a Thay che ero stato proprio io a invitarlo in Italia. Non disse nulla, mi fece un bel sorriso e mi regalò un’indimenticabile carezza. Di carezza nella vita ne ricevi si spera tante, ma sono poche quelle che ti lasciano un segno come quello!
Continuai a tradurre per Ubaldini tutta una serie di illustri maestri (trovate tutti i dettagli nel curriculum scaricabile), fino al 2000. Un anno importante, durante il quale decisi di lasciare l’impiego (lasciare un impiego statale? Solo un pazzo come me…) presso l’Università di Genova, per provare a dedicarmi unicamente alla traduzione, mi sposai per la seconda volta e cambiai casa e vita. Due decisioni dai destini opposti, visto che avrei continuato a tradurre ma avrei anche divorziato una seconda volta. Proprio nel 2000 avvenne il grande incontro con il Dalai Lama, di cui tradussi «Il sonno, il sogno e la morte» per Neri Pozza, editore con cui mi sarei avventurato qualche anno dopo nella straordinaria epopea dei Mongoli di Gengis Khan.
Nel contempo cominciai a lavorare anche con Macro Edizioni di Cesena, che mi propose varitesti di tipico stampo new age (alcuni mi lasciarono molto perplesso, anche se c’era pur sempre qualcosa da imparare), e soprattutto opere di divulgazione scientifica, tra cui ricordo in particolare «Iperspazio», di Mikio Kaku, e «Q come quanto: dizionario illustrato di fisica quantistica», di John Gribbin. Quest’ultimo, circa 900 pagine, fu un po’ come scalare una montagna, passo dopo passo, con pazienza e determinazione. Ricordo anche con gran piacere «Tutti per la Terra», bellissimo volume di ecologia per i più giovani, che uscì nel 2009, quando già avevamo gran bisogno di insegnamenti di cui purtroppo non abbiamo ancora tenuto conto.
La collaborazione con Macro sarebbe durata a lungo, fino al 2012, ben 24 volumi.
Avevo letto con grande interesse «La cura dell’anima», di Thomas Moore, discepolo di James Hillman, psicologo analista junghiano e prolifico saggista. Moore aveva appena pubblicato Dark nights of the soul: lo divorai, letteralmente, e così avanzai un’altra proposta editoriale a Sperling & Kupfer, che in quegli anni pubblicava le sue opere. Andò bene anche grazie alla gentilezza della caporedattrice Mariarosa Milesi (con cui avrei collaborato fino a qualche anno fa, quando Sperling ha un po’ cambiato linea editoriale, e la non-fiction è stata messa da parte).
Il libro uscì nel 2006, titolo «Un domani senza paura», Una grandissima soddisfazione, nonché l’inizio di una fantastica e duratura collaborazione: ne sarebbero scaturite traduzioni di grandi maestri buddhisti: Mingyur Rimpoce, Matthieu Ricard e soprattutto il Dalai Lama, del quale tradussi cinque libri, tra i quali mi è rimasto nel cuore soprattutto «La felicità al di là della religione», nel quale si poneva l’accento sulla necessità di un’etica universale, al di là, per l’appunto, della religione. Bellissimo anche «Felicità emotiva»… In realtà non posso che constatare che tutte le opere del Dalai Lama mi hanno regato una grande gioia (e anche un certo malcelato orgoglio). Ah, dimenticavo, ci fu anche un incontro con Pandora e gli Avatar (quelli ‘veri’ e quelli del film) ne «Il segreto dell’Avatar», del maestro yoga Jeffrey Armstrong, persona amabile che mi regalò letteralmente un mare di informazioni, consigli e risposte.
A un certo punto Sperling prese a dedicarsi anche all’ormai celebre «dieta Dukan», ideata e sviluppata dal medico francese Pierre Dukan. Mi assunsi la responsabilità di lanciarmi nell’impresa, che non era poi così semplice, perché Dukan menzionava nelle sue ricette molti alimenti tipicamente francesi, e occorreva quindi trovare l’equivalente italiano, con la giusta proporzione di grassi, ingredienti, eccetera. Mi ricordo le mie buffe ricognizioni al Carrefour francese e alla Conad e Coop italiane, dove non compravo praticamente nulla, ma giravo tra gli scaffali con un taccuino – penso mi abbiano preso per un pazzo!
Al settore gastronomia si sarebbe poi aggiunto anche un bel ricettario del mitico Gordon Ramsey. Ma l’incontro con Sperling, ben 30 traduzioni in 12 anni, ha significato ben altro: yoga, medicina, ‘scienza’ della manipolazione, malavita americana («Nemico Pubblico», la storia di John Dillinger – la cui versione cinematografica non vale una cicca!), per non parlare poi delle esilaranti chiacchierate con J. Marcus Bach (sì, proprio lui, il figlio dell’autore de «Il gabbiano Jonathan Livingston, un tipo diciamo eccentrico), e soprattutto le prime traduzioni di Matthieu Ricard, di cui parlerò in seguito.
Nel 2006 presi a lavorare anche per Codice Edizioni. Fui subito messo alla prova con un bello scoglio: «Un universo diverso: reinventare la fisica da cima a fondo», del Nobel per la fisica Robert Laughlin (una traduzione per cui Codice mi lanciò facendomi conquistare una menzione, una sorta di secondo posto, al Premio Monselice per la traduzione scientifica). Mi piacque molto «Le stelle di Miss Leavitt» e soprattutto «Kluge», di Gary Marcus, con cui ebbi occasione di scambiare diverse email (in realtà, quando possibile, ho sempre provato ad avere un contatto diretto con l’autore o l’autrice, per risolvere dubbi, scambiarsi idee o semplicemente fare amicizia, in fondo un’email, a cercarla bene, ce l’hanno tutti – quella del Dalai Lama però mi manca!).
Così come non è mai mancato un rapporto cordiale e amichevole con tutti i redattori e colleghi con cui ho collaborato. Presso Codice tornò a fare capolino Mikio Kaku, e poi, finalmente, tradussi qualcosa sul mondo della musica («Il mondo in sei canzoni»). Ebbi qualche difficoltà nell’affrontare due opere, per mancata competenza in materie e per la complessità del linguaggio: «Cos’è un designer» e «Presente Continuo», che hanno rappresentato un grosso impegno anche per la redazione, grazie per l’aiuto.
Quando lo conobbi personalmente, di Matthieu Ricard avevo tradotto soltanto un paio di volumi. Poi ci fu un dibattito filosofico, a cui Matthieu era stato invitato, tenutosi a Cannes. Ci andai con mia sorella, e mi sembrò subito una persona semplice, diretta, dalla mente limpida, chiara, stabile. Dopo aver chiesto qualche dedica, per me, mia sorella e un paio di amici, ricordo che gli chiesi impudentemente, a bruciapelo: «Suo padre non si è arrabbiato quando ha lasciato l’Institut Pasteur e gli studi per farsi monaco?» (A quei tempi per Matthieu si prospettava una brillante carriera scientifica). Matthieu si voltò, serafico, e con un sorriso rispose: «Non ne fu felice, ma non si arrabbiò». Il rapporto con Matthieu è poi continuato, perché ho continuato a tradurlo.
. Di recente la neonata Ubiliber, che propone splendidi volumi (https://www.ubiliber.it, grazie di cuore a Emanuele Basile e Francesca Stenhu, gli ‘infaticabili’ della casa editrice), ha pubblicato «Come una goccia di miele: Piccola antologia dei più bei testi del buddhismo tibetano», una raccolta di frammenti di saggezza tradotti dal tibetano dallo stesso Matthieu. Forse perché è la più recente, forse per quello che mi ha insegnato, quest’opera è una di quelle che custodisco nel cuore. Tradurre maestri che vanno dall’anno mille a oggi ha rappresentato un viaggio meraviglioso nel tempo, nonché la dimostrazione che nessuno degli insegnamenti tradizionali è andato perduto.
Lo tengo sul comodino e ogni sera ne leggo un paragrafo, a caso: così passo da un secolo all’altro, senza mai sentirmi smarrito.
Ma non è finita qui: nel momento in cui scrivo sta per uscire «La folle saggezza di Nasruddin. Come la filosofia sufi svela che il mondo è uno scherzo cosmico». Autori Matthieu Ricard e Ilios Kotsou. Ricordo che nelle nostre brevi chiacchierate email, (durante le quali mi ha obbligato a dargli del ‘tu’, malgrado la mia iniziale soggezione) ho raccontato a Matthieu una storiella di Nasruddin che non conosceva (credo che le conosca tutte a memoria). Mi ha risposto stupito: «Toh, questa non l’avevo mai sentita!). Felice di aver arricchito la sua collezione!
Oltre che a essere uno scrittore, Matthieu Ricard è un fantastico fotografo: i suoi scatti sono stati pubblicati in Francia in un’infinità di libri (mi risulta nessuno tradotto in italiano, forza, svegliamoci!) e sono stati anche fatti oggetto di mostre fotografiche di grande successo.
La cosa che più mi rende felice è che, per il sottoscritto, Matthieu è un grande e prezioso amico!
Di Mondadori ho amato tutto: la splendida coppia di libri di Haemin Sunim, «Quando rallenti vedi il mondo», e «Ama ciò che è imperfetto», che per un perfezionista come me sarebbe da rileggere ogni giorno. Intrigante «Come diventare una spia» ,ma davvero qualcuno dei lettori si sentirà motivato a intraprendere questa particolare carriera? Rigoroso e assolutamente impeccabile «La mente illuminata», il cui autore, purtroppo, è recentemente passato oltre il confine ultimo. Infine piacevolissimo e utile «Un’anima sconfinata» mentre «Cervello e meditazione» giustamente mette alla prova entrambi! Che altro dire? Stamattina un fiocco rosa: mi sono arrivate le copie omaggio di «La folle saggezza di Nasreddin», splendido. Grazie Mondadori, oggi comincio il vostro prossimo volume, di cui, per ora, mantengo segreto il titolo!
Nel 2016 ho iniziato anche a collaborare con Antonino Vallardi Editore, per caso, perché uno dei traduttori aveva un problema, e così mi fu affidato uno spezzone de «Il metodo Ranieri», allenatore fresco di vittoria nella Premier League inglese. Sono poi uscite altre due opere, una sulla negoziazione (C. Voss, «Volere troppo e ottenerlo») e una del mitico Lupo di Wall Street. Ho fatto così irruzione anche nel mondo del marketing e del mercato degli affari. Non conoscevo la storia del lupo, così comprai il film e me lo guardai in VO. Divertente, tutto sommato. È così uscito «Il libretto rosso del Lupo di Wall Street». Hanno fatto seguito tre titoli di polarità opposta, spiritualità, tra cui mi piace segnalare «Felice come un monaco buddhista», di Ghelong Thuben.
Anche l’Unione Buddhista Italiana ha la propria casa editrice, Ubiliber, che pubblica libri di tutte le principali tradizioni buddhiste e che ha iniziato a operare nel giugno 2021.
Le copertine e gli altri elementi che sono stati disegnato hanno colori, e variazioni di tono, tratti dalla bandiera buddhista: giallo, ocra, rosso, blu. E tutto quello che riguarda Ubiliber è graficamente e cromaticamente imparentato al logo e all’immagine di UBI, l’Unione Buddhista Italiana. La ‘squadra’ è composta da Emanuele Basile e Francesca Arengi, e si è già data molto da fare. Ha pubblicato una ventina di libri, uno più bello dell’altro (vedi https://www.ubiliber.it/libri/), tanto che se avessi i soldi e lo spazio nelle mia libreria, me li comprerei tutti (sì, sono un ‘collezionista seriale’ di libri).
Veramente non saprei quale scegliere, visto lo splendido lavoro che è stato fatto, ma poiché devo, scelgo una mia traduzione! «Come una goccia di miele», di Matthieu Ricard, che ha una lunga, tormentata storia. Matthieu mi aveva affidato il pdf di Chemins Spirituels quasi 4 anni fa, e gli avevo promesso che avrei trovato un editore italiano. Ne ho tradotto una buona parte, ho compilato una scheda editoriale, e ho iniziato a mandare tutto quanto in giro in giro come proposta editoriale, ad almeno una ventina di editori del settore, e più volte nel corso degli anni. Mi ero quasi arreso quando è spuntato Emanuele Basile con Ubiliber e mi ha detto: sì, lo facciamo!
Ho subito mandato un’email a Matthieu, anche lui felicissimo. È un libro che si propone come antologia dei più bei testi del buddhismo tibetano. Le traduzioni sono tutte di Matthieu, dal tibetano, e vanno da racconti e insegnamenti di eremiti dell’anno 1000 (o ancora prima) a monaci contemporanei. Si può così constatare che l’insegnamento è fondamentalmente rimasto lo stesso nel corso dei secoli, e godere della sua poesia.
Infine una chicca: «Le radici dell’amore – Lezioni di vita e insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama», con il testo accompagnato dalle magnifiche illustrazioni di Bao Lu, tutte create al computer (ma come ha fatto?). Un libro per bambini, ma non solo. Davvero bello!
Naturalmente, mi auguro che non sia finita qui: spero di arrivare a 120 anni e di morire con le dita sulla tastiera, alla conclusione della mia duecentesima traduzione. Perché no? Tutto è possibile!
Il tempo passa veloce, e le pagine volano via, una dopo l’altra. Provo a riassumere il lavoro di questi ultimi tempi. Nell’estate 2023 ho fatto un piacevolissimo incontro: la dott.ssa Ingrid Pedroni (Presidente emerito della Scuola di Psicoterapia dell’Isipsé), che, visto il mio cv (proprio qui, su queste pagine), ha voluto commissionarmi personalmente la traduzione di un’opera da lei scritta in inglese (lingua con la quale si sentiva più a suo agio). L’opera, di cui ho una copia con preziosissima dedica e ringraziamenti dell’autrice, è stata poi pubblicata da FrancoAngeli, con il titolo ‘Al di là della frammentazione – percorsi clinici nella psicoanalisi e psicoterapia contemporanee’. Non avevo mai tradotto nulla sul tema psicoanalisi, e psicologia del sé, ma ne sono stato molto felice, soprattutto per aver soddisfatto le attese della dott.ssa Pedroni, con cui sono rimasto in contatto, fino alla sua, ahimè molto prematura scomparsa, avvenuta nel gennaio 2024. Con le pagine della cara Ingrid ho trascorso splendide notti d’estate. Resti nel mio cuore, Ingrid!
Mi sono trovato tra le mani un bel libro di dietetica, ‘La dieta zero sbatti’, del dr. Jimmy Mohamed, pubblicato da Vallardi. Simpatica, semplice e soprattutto veramente utile (l’ho messa alla prova io stesso) raccolta di consigli dietetici. Un testo pratico e ironico, che consiglio a tutti quelli che vogliono perdere qualche chilo (o, almeno, smettere di prenderne!) Ma soprattutto, Ubiliber mi ha proposto di occuparmi della nuova edizione, riveduta e ampliata, di un testo che avevo già tradotto (nel 1994!) per Ubaldini Astrolabio. Si è infine optato per il titolo ‘Lo sbocciare di un loto’. Questo prezioso manuale di meditazione di Thich Nhat Hanh offre una lunga serie di pratiche di consapevolezza guidate, per la consapevolezza, la guarigione e la trasformazione. Rituffarmi nelle quieta magia delle parole di questo grande maestro dell’interessere, monaco buddhista , poeta e attivista vietnamita per la pace (fu proposto come Nobel per la pace da Martin Luther King, ai tempi della guerra del Vietnam), è stato un vero toccasana. Mi ha fatto ricordare il valore dell’inspirare ed espirare in piena consapevolezza.
Lo avevo promesso al mio amico e mentore Matthieu Ricard: se ci sarà una possibilità di tradurlo, ce la farò. E ce l’ho fatta, ancora una volta grazie all’aiuto dello stesso Matthieu, che mi ha fatto avere una borsa di studio dalla Fondation Tashipaljor, e al coraggio e alla volontà di un piccolo editore, Skypress Italia Edizioni. S’è trattato di un lavoro di circa 6 mesi: la traduzione di ‘The Life of Shabkar The Autobiography of a Tibetan Yogin’ (il libro uscirà a settembre 2024 e non sono ancora certo del titolo italiano definitivo, anche se con ogni probabilità, ricalcherà quello inglese). Quest’opera di ben 1200 cartelle (il che vuol dire tra traduzione, rilettura ed editing finale, 600 cartelle lavorate al mese!) traccia la vita di Shabkar, che, dopo Milarepa, è il più noto tra gli eremiti tibetani. Basta citare queste poche frasi – dalla prefazione di Sua Santità il XIV Dalai Lama:“…fonte d’ispirazione per i praticanti Buddhisti come per i lettori generici… [accomunabile]… ai libri d’ispirazione mistica… la cui qualità principale sta nel loro fascino universale”. – E dalla premessa del prof. Matthew Kapstein, Columbia University N.Y.: “L’autobiografia di Shabkar … si colloca tra i capolavori spirituali dell’umanità, accanto ai testi di San Francesco d’Assisi, Jalalal-din-Rumi, Sri Ramakrishna e dei Chassidim… La vita e l’eredità di Shabkar sono l’esempio stesso di una tradizione … che trascende il particolare per raggiungere l’universalità di una spiritualità sublime… Inoltre questo testo offre una panoramica unica dei molti aspetti della vita tibetana nei primi decenni del XIX secolo”. È stata un’impresa che mi ha visto al lavoro tutti i giorni, per circa 6 ore al giorno (almeno!), ma che ho vissuto come un’avventura incantevole. Shabkar si esprimeva soprattutto attraverso i suoi celebri canti spirituali. Traducendoli, mi sono spesso ritrovato con le lacrime agli occhi.
Per chi vuole saperne di più, c’è anche un gruppo su facebook (dove, tra l’altro, si può contribuire all’onerosa pubblicazione del testo):
https://www.facebook.com/groups/366751629642198
NB: la traduzione dal tibetano all’inglese di quest’opera monumentale ha visto all’opera lo stesso Matthieu Ricard, con un gruppo di volontari, impegnati per circa una decina d’anni (!) sotto la guida del guru di Matthieu: S. S. Dilgo Khyentse Rinpoche.
Una nuova impresa, accompagnato ancora una volta dall’amico Matthieu, su un’opera del suo maestro Dilgo Khyentse Rinpoche. Si tratta di ‘The Heart Treasure of the Enlightened Ones’, un commentario a un testo del celebre yogin errante tibetano Patrul Rinpoche. È ancora una volta appassionante mettere mano a un capolavoro di questo genere. Da una sinossi trovata in rete: In questo libro, due grandi maestri buddisti tibetani del XIX e XX secolo ci sfidano a esaminare criticamente le nostre preoccupazioni materialistiche e a pensare attentamente a come vogliamo trascorrere il resto della nostra vita. Allo stesso tempo, forniscono una guida pratica per seguire il sentiero buddista, partendo dalla motivazione più elementare e culminando nell’esperienza diretta della realtà al di là della portata della mente concettuale. Il testo principale è un insegnamento in versi scritto nel XIX secolo da Patrul Rinpoche, uno degli insegnanti più importanti del suo tempo. Nel commento che lo accompagna, Dilgo Khyentse Rinpoche (1910-1991) – detentore del lignaggio della scuola Nyingma e uno dei grandi divulgatori del Dharma in Europa e in Nord America – approfondisce il testo con la sua caratteristica compassione e la sua scrupolosità senza compromessi. I versi freschi e penetranti di Patrul Rinpoche, combinati con i commenti concreti di Khyentse Rinpoche, offrono un esame conciso ma completo del sentiero buddista. Lavori in corso – ma che bel lavorare!
In quest’ultimo semestre ho ripreso un’attività che mi ha occupato per circa un ventennio: insegnare la lingua italiana agli stranieri. L’ho fatto soprattutto nel Principato di Monaco, per varie scuole private, presenziale. Ora lo faccio online, via Google Meet. Ho appena ricominciato, ma mi diverte e mi rilassa molto. In un’altra pagina di questo sito appariranno tutte le informazioni in merito. E ho anche intrapreso una nuova attività: l’editing (che non è, attenzione, una semplice correzione di bozze!). In questi ultimi anni, molti si sono lanciati nella scrittura e nell’autoproduzione di romanzi di ogni genere, ma poi si sono ritrovati tra le mani un prodotto che non li soddisfaceva. Ed è qui che entra in gioco l’editing. Nell’editing si interviene su forma e contenuti, cercando di far risaltare lo stile dell’autore (ovviamente senza cambiarlo, né tantomeno alterare la trama!), lavorando su scorrevolezza, smussando gli angoli, esaltando i punti forti, e naturalmente ripulendo il testo da qualsiasi errore. In questo campo non so se posso dirmi un neofita: dopotutto il primo editing di circa 110 libri tradotti l’ho fatto io! Comunque sia, per la prima volta mettendo mano da editor su un bel romanzo. Anche qui, lavori in corso…
ECCELLENTEIn base a 24 recensioniTrustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Doriana Valesini2024-08-25Traduttore ultradecennale, con esperienza soprattutto in ambito saggistico, consiglio Sergio Orrao per quanto concerne testi di lingua inglese e francese. La conoscenza della lingua italiana, ottima, gli consente di operare pure come correttore di bozze anche su testi di narrativa. Doriana ValesiniTrustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.ROSANNA MENGHETTI2024-08-02Grande professionista! Non solo doti di traduttore, ma anche profondo, sensibile, attento nel rendere le atmosfere e le sensazioni degli autoriTrustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Nicoletta Valesini2024-08-01Traduttore dalle grandi capacità di sintesi e di linguaggio. Sa rendere unici e speciali i libri che firmaTrustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Marialuisa Quintavalle2024-08-01Traduttore competente in ambito editoriale e tecnico. Precisione e rapidità i suoi punti forti.Trustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Leonardo Maraviglia2024-08-01Grazie per le importanti traduzioni che fai .Trustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Pota To2024-08-01Persona molto professionale, gentile e disponibile!Trustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Yux2024-07-30Sergio è un insegnante di italiano per stranieri brillante e serio. Mi corregge pazientemente ogni volta che commetto un errore; condivide con me le peculiarità culturali dell'Italia e della sua regione; risponde a tutte le mie domande di grammatica e a tutte le mie curiosità. Sono fortunata ad averlo come l'insegnate di italiano!Trustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.francesca arengi2024-07-26Professionista dotato di formidabile esperienza, estremamente gentile e disponibile. Gli splendidi testi che si accinge a tradurre vivono un'avventura arricchente.Trustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Emanuele Basile2024-07-26Ho letto il primo libro tradotto da Sergio nel 1994, da allora di sue traduzioni ne ho lette molte e spero di leggerne ancora molte altre in futuro.Trustindex verifica che la fonte originale della recensione sia Google.Christian Giraudo2024-07-22Grande professionista!
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