Siamo capaci di un amore e di un’appartenenza del genere perché l’anima custodisce l’eco di un’intimità originaria. Quando si tratta di fattori primordiali, i Tedeschi parlano di ursprüngliche Dinge – ovvero proprio di “cose originarie”. C’è anche un Ur-Intimität in der Seele, vale a dire, un’intimità primordiale dell’anima. Tale eco primordiale non smette mai di mormorare in ogni cuore. L’anima non si è inventata da sé, è una presenza del mondo divino, in cui l’intimità non conosce né limiti né barriere.
Non potremmo mai amare un’altra persona se non fossimo parimenti implicati nello splendido ma difficile lavoro spirituale dell’imparare ad amare noi stessi. In ciascuno di noi, a livello dell’anima, c’è una zampillante sorgente d’amore. Per dirla altrimenti, non c’è bisogno di uscire da se stessi per sapere cos’è l’amore. Non si tratta affatto di egoismo, e neppure di narcisismo, che sono ossessioni negative caratterizzate dal bisogno di essere amati. Si tratta invece di un sorgente d’amore presente nel nostro cuore.
In virtù del loro bisogno d’amore, spesso le persone che conducono vite solitarie inciampano in questa grande fonte, e imparano a risvegliare il profondo benessere di tale flusso interiore. Non intendo dire che occorra sforzarsi di amare se stessi: si tratta più che altro di invitare la sorgente perenne dell’amore, che, dopotutto, è la nostra natura più profonda, affinché scorra nella nostra vita. Quando ciò accade, quello stesso terreno che si era inaridito torna a essere morbido: è questa la nostra nuova casa. In mancanza d’amore, tutto quanto s’indurisce. Non c’è nessuno di più solitario al mondo di chi si è irrigidito o si è congelato. Amarezza e freddezza rappresentano la sconfitta assoluta.
Se scopriamo che il nostro cuore si è indurito, uno dei doni che possiamo farci è proprio il risveglio della sorgente interiore. Dovremmo innanzitutto invitarla a zampillare liberamente. Possiamo lavorare su noi stessi di modo da sgorgarla, cosicché le sue acque nutrienti diano inizio a un’amorevole osmosi, in modo da permeare e pervadere l’argilla indurita del nostro cuore. Dove prima regnava una terra oscura, desolata, inesorabile e morta, ora troviamo crescita, colori, ricchezza, nonché vita, che fluisce dall’incantevole sorgente dell’amore. È proprio questo uno degli approcci più creativi della trasfigurazione dei nostri aspetti negativi. Se siamo qui, è perché ci siamo stati condotti, al fine di imparare ad amare e a ricevere amore.
Il più grande dono che un nuovo amore può apportare alla nostra vita è il risveglio del nostro amore interiore. Ecco cosa ci restituisce indipendenza! Ora sappiamo come avvicinarci a qualcun altro, non per bisogno o in virtù del vetusto meccanismo della proiezione, ma grazie a una genuina intimità, affinità e appartenenza. Ecco cos’è la libertà! L’amore dovrebbe renderci liberi. Ci sbarazziamo dal famelico, assillante bisogno con cui continuiamo a tendere la mano per racimolare affermazione, rispetto e significato, strappandolo alle cose e alle persone che ci circondano. Essere santi significa essere a casa, capaci di riposare nella dimora dell’appartenenza che chiamiamo anima.
Tratto dalle mie bozze della traduzione di ‘Anam Ċara‘, per Mondadori. © Tutti i diritti riservati, riproduzione vietata.
2 risposte
“L’anima custodisce l’eco di un’intimità originaria” e “il risveglio della sorgente interiore” mi sembrano simili al concetto di “bontà originaria” della tradizione buddhista tibetana nelle parole di Chogyam Trungpa Rinpoce. “Essere santi significa essere a casa” ricorda molto da vicino l’insegnamento del venerabile Thich Nhat Hanh.
Hai ragione Egizia, se guardi bene, ci sono tante confluenze tra tanti ruscelli e fiumi, che rimangono comunque distinti, con la loro precisa identità!