La “notte oscura dell’anima” non è una sindrome psicologica, ma una ricerca di significato nelle ore più buie della vita: la perdita di una persona cara, la fine di una relazione, l’invecchiamento e la malattia, le delusioni della carriera o semplicemente una continua insoddisfazione per la vita. La vasta esperienza di Thomas Moore come psicologo e teologo gli ha insegnato che la notte buia è una sfida per recuperare noi stessi e diventare qualcuno di sostanza, profondità e anima.
Dickens
L’affabile Charles Dickens è un esempio di personalità estremamente creativa per la quale il matrimonio ha rappresentato una dolorosa restrizione. “L’infelicità domestica mi opprime a tal punto che non posso scrivere, e [da sveglio] non trovo neppure un minuto di pace… Devo fare qualcosa o il mio cuore andrà in frantumi”. Sebbene sua moglie Caterina gli avesse dato dieci figli, non provava per lei alcun sentimento, e avrebbe continuato per anni e anni a sentirsi intrappolato nel suo matrimonio. Caterina era una donna amorevole, gentile e attenta, e Charles voleva bene ai figli, ma a quanto pare il matrimonio gli pareva un’unione troppo restrittiva.
Carlyle
Un suo amico, il filosofo Thomas Carlyle, si trovò implicato in un matrimonio ancor più devastante. La moglie, Jane Welsh Carlyle, lo sostenne per tutto il tempo della loro lunga vita comune, ma cercò nel contempo di vivere un’esistenza indipendente. Era una pensatrice originale e una scrittrice dotata, ma non riusciva ad accettare l’ossessione del marito per il lavoro, nonché la sua tetra visione dell’esistenza. Negli ultimi anni della sua vita, passò buona parte del tempo a letto, tormentata da mal di testa e depressione. Le lettere dei due Carlyle rivelano due anime profonde ma torturate, dimostrando comunque come quei conflitti coniugali avessero suscitato idee e intuizioni che possono essere annoverate tra i più grandi ottenimenti della loro epoca. Si percepisce chiaramente la tragedia di Jane (che non poté approfittare del suo immenso talento) e di Thomas (che non arrivò mai a godersi la gioia di un rapporto intimo).
Dolore e oppressione
Il biografo di Carlyle descrive il suo matrimonio con Jane, durato ben quarant’anni, come doloroso e deprimente, una combinazione asessuata di innocenza e repressione. A quanto pare, il marito fu per la maggior parte del tempo impotente e privo di gioia, mentre la moglie pagò la sua ingenuità e il suo senso del dovere. Ecco un caso in cui il successo personale dei singoli non trova riscontro in un matrimonio condannato invece alla frustrazione.
Fallimento dell’immaginazione
Sia il caso di Dickens sia quello di Carlyle rappresentano un fallimento dell’immaginazione. Nessuno dei due ha saputo concepire il matrimonio in una luce positiva, capace di dare altrettanto soddisfazione della vita solitaria dello scrittore. Il matrimonio li ha portati alla disperazione, e si è infine trasformato in una lunga notte oscura dell’anima, nella quale sono state coinvolte anche le mogli.
Compatibilità e connessioni
[….] Le sindromi di cui hanno sofferto Carlyle e Dickens continuano a turbare la vita matrimoniale ancora oggi. Spesso troviamo difficile fare più cose nello stesso tempo, e non sappiamo cogliere l’importanza dell’immaginazione in seno alla vita di coppia. Il nostro matrimonio ci causa sofferenza perché ne consideriamo solo gli aspetti inconsapevoli, pratici e superficiali, invece di prenderci cura dei profondi sviluppi dell’anima. Di solito ci preoccupiamo di ottenere la miglior compatibilità superficiale, e trascuriamo le connessioni più profonde e irrazionali.
Re e Regina
Nelle raffigurazioni alchemiche troviamo il re e la regina che si uniscono in una storta, o in un recipiente a forma di pera. Sono immersi in una soluzione, all’interno di un vaso. È una perfetta rappresentazione del matrimonio: un luogo sigillato in cui l’anima matura in una soluzione acquosa, all’interno della quale le due figure principali possono trovare l’unione, come sostanze chimiche che si scompongono e coagulano. Si tratta di un processo oscuro. Non sappiamo cosa stia accadendo, e spesso confondiamo quella profonda alchimia con problematiche personali legate alla personalità.
Torniamo ancora una volta a Giovanni della Croce e alla sua lode dell’oscurità. Se vogliamo riuscire nel nostro matrimonio non dobbiamo evitare il dolore e le sfide, ma imparare piuttosto a concentrarci sugli aspetti più importanti. Se il nostro lavoro è soddisfacente, i bambini crescono felici e contribuiamo fattivamente alla società in cui viviamo, possiamo sperare che il matrimonio trovi la sua collocazione al cuore della nostra esistenza. Il suo scopo è quello di fornirci il recipiente in cui i coniugi si sciolgono e maturano insieme con un ritmo la cui natura è fondamentalmente umana.
Il vaso alchemico
Nella mia attività di terapista mi sento spesso costretto a fare del mio studio un recipiente di quel genere. Quando nel matrimonio si apre una falla e tutto sembra crollare, c’è bisogno di contenerlo, perché, dopo tutto, è di questo che si tratta: un vaso alchemico, in cui ha luogo una trasformazione. Si tratta di una versione ridotta (una storta, anziché l’oceano) del viaggio notturno in mare. Tutto ciò accade in un’unica casa, tra due persone. Ma le problematiche sono simili. Sapremo cogliere l’occasione, e diventare un vero partner? Oppure cercheremo una via di fuga, e scivoleremo via attraverso una delle falle che si sono aperte nel nostro vaso?
Come abbiamo visto, il mito di Persefone comincia con una giovane donna, attratta dai fiori e vicina alla madre, Demetra. Ma la fanciulla perde la sua innocenza allorché Ade, dio degli inferi, la rapisce e la prende per sposa, portandola nel suo regno oscuro, invisibile ai comuni mortali. In quanto regina di quel luogo di morte, Persefone diventa una figura completamente diversa, potente e (anche se solo in alcuni racconti) caratterizzata da una profonda bellezza. È sposata alle più profonde e oscure sfere dell’anima, quegli aspetti sempre avvolti nel mistero che ci disorientano, talvolta arrecandoci dolore.
Matrimoni tormentati
Questo mito suggerisce che ci sia un matrimonio del regno infero, eterno e archetipico; e cioè che le torture e gli affanni, gli alti e bassi, i desideri e i legami, siano tutti elementi tipici del matrimonio, elementi del suo mondo infero, e non semplici aberrazioni e fallimenti. Gli antiche Greci rendevano omaggio al matrimonio tormentato ma pieno d’amore tra Zeus ed Era, ma riconoscevano anche l’importanza del bizzarro matrimonio infero a cui abbiamo appena accennato. Siamo ben consapevoli dell’unione superficiale che chiamiamo matrimonio, ma di norma evitiamo l’unione infera, almeno finché non siamo costretti a prenderla in considerazione, quando cominciamo una psicoterapia per risolvere gelosie e conflitti. Sarebbe meglio avere una nozione ben chiara e completa del matrimonio fin dal suo inizio.
Individuazione
Lo psicoanalista svizzero Adolf Guggenbühl-Craig sostiene che lo scopo del matrimonio sia l’individuazione, un termine impiegato da Jung per indicare la trasmutazione dei materiali grezzi che caratterizzano la nostra comune umanità in una persona, unica e creativa. Guggenbühl-Craig osserva che spesso affrontiamo il matrimonio narcisisticamente, aspettandoci che ci dia tutto ciò che vogliamo senza chiederci nulla in cambio. Al contrario, sottolinea Guggenbühl-Craig, il matrimonio è una forma di sacrificio, e implica la resa del sé a una vita e una volontà più grande.
Sacrificio
Il sacrificio è un atto spirituale. Ma se ci sacrifichiamo al nostro partner, non lo abbiamo compreso correttamente. Il matrimonio non è solo per la coppia, ma per tutte le coppie. Consideriamo l’arca di Noè, in cui tutti gli esseri trovarono rifugio in coppie. Quando ci sposiamo stiamo entrando in quell’arca, che rappresenta l’umanità intera. Pensiamo a tutti gli animali e le piante, a tutte le coppie maschio-femmina del mondo, gli opposti che si manifestano in ogni aspetto dell’esistenza. Per poter promuovere la vita devono tutti quanti “sposarsi” in qualche modo. Il nostro matrimonio partecipa a questa struttura cosmica, e il suo significato è talmente ricco che non potremo mai afferrarlo completamente.
Rinunciare, ovvero rendere sacro
Quando facciamo un sacrificio, non ci limitiamo a rinunciare a qualcosa, ma riconosciamo una dimensione più vasta della nostra. “Sacrificio” significa “rendere sacro qualcosa”. Andiamo oltre il sé, e facciamo spazio a un mistero più grande. Potremmo sperimentare questo più ampio senso del sacrificio nelle privazioni ordinarie, quando rinunciamo a varie forme di libertà e mitighiamo la nostra cocciutaggine, e ascoltiamo le opinioni e i progetti del partner. Se riusciamo a condividere la nostra visione, la vita può prendere una direzione diversa.
Le emozioni del matrimonio
[….] La storia di Persefone s’incentra sulla tristezza di una madre che ha perso la figlia, e su un matrimonio che ha un po’ lo stesso sapore. Quando un figlio o una figlia si sposano, anche i genitori rinunciano a qualcosa di prezioso. Le emozioni di diverso genere che animano chiunque vi sia implicato e le lacrime versate a ogni matrimonio sono ben giustificate. Talvolta abbiamo l’impressione che tutti quelle grida di esultanza siano in qualche modo esagerate, e che nascondano le profonde emozioni legate alla perdita e al cambiamento.
L’inferno del matrimonio
Se il matrimonio fosse soltanto questione di far combaciare lo stile di vita di persone diverse, non ci sarebbe nulla di così difficile. Ma se prestiamo fede al mito greco di Persefone, comprendiamo che il matrimonio ha luogo nell’inferno. Con ciò non intendo dire che si tratti di un’esperienza impossibile e sconsigliabile, ma voglio sottolineare la realtà di questo mistero, spesso oscurato dalle barriere sentimentali con le quali ci difendiamo dall’oscurità. Il matrimonio è un travaglio in cui almeno due anime maturano e trovano la loro pienezza. Dico “almeno” perché anche i figli e i parenti possono trarre beneficio dalla generosità della coppia.
Persone migliori, non nesecessariamente più felici
Talvolta il matrimonio è un processo alchemico nel corso del quale la nostra vita e la nostra personalità sono sottoposte all’azione di acidi, che le rimodellano, dandogli profondità. Diventiamo persone migliori, anche se non necessariamente più felici. Ovviamente speriamo di tirarne fuori qualche momento di beatitudine, ma possiamo essere certi che il matrimonio ci regalerà vicissitudini assolutamente inattese. Le due cose insieme, ovvero i momenti di estrema gioia e i periodi di estrema difficoltà, costituiscono una forza umanizzante, una via verso la realizzazione personale che implica, paradossalmente, un’immediata, concreta e sentita trascendenza del sé. Siamo costretti ad abbandonare le nostre preoccupazioni personali, e a considerare seriamente le necessità di un’altra persona.
Interconnessione
Le emozioni acide del matrimonio scavano e incidono un nuovo volto. Non consideriamo più la vita come un patrimonio sul quale vantiamo ogni esclusivo diritto, ma un dono prezioso da condividere con chi amiamo. Pur non diventando una sola cosa con il partner, nel matrimonio ci fondiamo, uniamo le nostre vite e imparentiamo le nostre personalità. Le nostre divisioni interiori si “sposano”, siamo profondamente interconnessi con il coniuge, e abbiamo una nuova relazione con il nostro mondo.
Tratto dalle mie bozze di traduzione, l’edizione Italiana è purtroppo fuori catalogo, restano l’originale o le copie usate in vendita in rete:
Dark Nights Of The Soul: A guide to finding your way through life’s ordeals
Edizione Inglese di Thomas Moore (Autore)
In Italiano il libro è stato pubblicato con il titolo(che non mi piace) “Un domani senza paura“, di cui sembra resti solo un dvd audio (secondo Amazon), e copie usate nelle varie piattaforme. So per certo che è completamente sparito dagli orizzonti di Sperling & Kupfer/Frassinelli, non ho potuto nemmeno avere il pdf finale.