La scienza, malgrado tutti i benefici con cui ha contribuito a migliorare la realtà esteriore del nostro mondo, non ha ancora proposto fondamenta adeguate allo sviluppo dell’integrità personale – le qualità umane, interiori, che apprezziamo nel prossimo e che faremmo bene a sviluppare in noi stessi. Dobbiamo quindi dedurre che sia necessario far riferimento alla religione, come si è sempre fatto per millenni? Di certo le religioni hanno sostenuto milioni di persone nel passato, lo fanno tuttora e continueranno ad aiutarci in futuro.
Tuttavia, benché i loro molteplici benefici nell’offrire una guida morale e dare significato all’esistenza, nell’attuale realtà mondana le religioni non possono più rappresentare univocamente una basa adeguata per la coltivazione dell’etica. Uno dei motivi è che oggi come oggi ci sono molte persone che non seguono più nessuna religione specifica. Un altro è che, col crescere dell’interconnessione che caratterizza l’era della globalizzazione e della società multiculturale, un’etica che faccia riferimento soltanto a una religione specifica susciterà probabilmente un interesse circoscritto, ma non potrà essere un riferimento assoluto per tutti quanti.
In passato, quando le diverse popolazioni vivevano in condizioni di relativo isolamento – come per esempio abbiamo fatto noi tibetani, che per secoli e secoli ce ne siamo stati tranquilli e felici al di là della montagne dell’Himalaya – il fatto che ogni singolo gruppo seguisse un’etica basata sul proprio tipico approccio religioso non rappresentava affatto un problema. Ma oggi, a fronte dell’oblio delle qualità interiori, nessuna risposta di matrice religiosa riuscirà a dimostrarsi universale, e quindi non rappresenta una soluzione efficace. Ciò di cui abbiamo attualmente bisogno è un approccio all’etica che non faccia riferimento alla religione e che possa essere accettato sia da chi segue una fede sia da chi non ne ha alcuna, per farla breve, necessitiamo di un’etica secolare.
Sicuramente sembrerà strano sentir pronunciare un’affermazione del genere da qualcuno che veste, fin da giovanissima età, le vesti da monaco. Io non lo considero affatto contraddittorio. La mia fede m’ingiunge infatti di fare ogni sforzo possibile per favorire il benessere e la felicità di tutti gli esseri senzienti, e rivolgermi anche a chi non l’ha adottata, è seguace di un’altra religione, o non lo è di nessuna, è assolutamente coerente con tale principio.
Tratto da «La felicità al di là della religione. Una nuova etica per il mondo»
di Gyatso Tenzin (Dalai Lama) (Autore), S. Orrao (Traduttore)
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