Milarepa (1040-1123)
Milarepa e il cacciatore
Un giorno, il celebre eremita e poeta Milarepa, dopo essersi occupato dei suoi discepoli in ritiro, si recò presso la sua grotta, per dedicarsi alla meditazione in tutta tranquillità. Quel posto scelto gli era sembrato ideale. Il luogo, con la bellezza del suo paesaggio, la solitudine, il sostegno delle deità locali, il canto degli uccelli e lo mormorio delle acque di un ruscello concorrevano a un’armonia perfetta.
Fu dunque uno choc quando un feroce latrato perturbò la calma del posto. L’eremita si mise subito a osservare da un promontorio che cosa stesse accadendo, e fu così che vide un cervo nero correre a perdifiato, terrorizzato.
Il suo cuore fu preso da un’immensa compassione. Nacque in lui il desiderio d’insegnare il Dharma a quell’animale, affinché potesse sfuggire alla triste sorte che lo attendeva, e fu così che gli rivolse questo canto:
«Mi prosterno ai piedi di Marpa di Lhodrak![i]
Ascolta bene, tu, cervo dalla testa sormontata da belle corna
Finché cercherai di fuggire da qualsiasi cosa del mondo esteriore,
Non ti libererai mai delle allucinazioni dell’ignoranza.
È venuto il tempo di rinunciare a questo errore.
La maturazione del karma è troppo rapida per te.
Come potrai mai sfuggirgli in un corpo illusorio?
Se sfuggirgli è ciò che vuoi, fuggi piuttosto nell’essenza della mente!
Corri verso la sede stessa del Risveglio:
Volerti liberare trovando salvezza altrove sarebbe un vero errore.
Poni quindi fine alla tua confusione e resta con me!
Pervaso come sei dalla paura della morte,
Speri di essere al sicuro sull’altro versante della collina
E nel contempo temi di essere catturato da questo lato.
Ma sono proprio speranza e paura che ti inducono a errare nel samsara!
Ti insegnerò i sei yoga di Naropa[ii]
E ti mostrerò come meditare sul Grande Simbolo».
Milarepa cantava con una voce altrettanto melodiosa di quella di Brahma. Chiunque l’avesse udito sarebbe stato affascinato da quel canto. Il cervo, intenerito, si stese ai suoi piedi.
L’eremita si stava ancora chiedendo da dove venissero i latrati che aveva sentito, quando una cagna dal pelo rosso fece la sua comparsa abbaiando furiosamente. Milarepa, rattristato, pregò a sua volta e, con tutta la sua compassione, le rivolse questo canto:
«Mi prosterno ai piedi di Marpa di Lhodrak!
Che mi benedica di modo che io possa placare l’odio degli esseri!
Tu, cagna dal viso di lupo,
Ascolta il canto di Milarepa!
Qualsiasi cosa tu veda, lo consideri un nemico
E il tuo cuore si colma d’odio.
Rinata sotto forma di una bestia crudele,
Vivi tra fame e sofferenza
Senza mai lenire i veleni che ti torturano.
Se non acquisisci il possesso della tua stessa mente,
Che cosa guadagnerai mai dal catturare le tue prede esteriori?
È venuto il momento di conquistare la tua mente!
Abbandona il tuo odio e resta con me!
In questo momento, in preda alla tua aggressività insostenibile,
Temi di perdere il cervo sull’altro lato della collina
Sperando nel contempo di catturarlo da queste parti.
Ma sono la speranza e la preoccupazione che ti fanno errare nel samsara.
Ti insegnerò i sei yoga di Naropa
E ti mostrerò come meditare sul Grande Simbolo».
Commossa dall’immensa compassione dell’eremita, la cagna, il cui odio s’era ormai placato, su accucciò a fianco del cervo.
Milarepa si disse che, sicuramente un qualche sinistro personaggio avrebbe fatto la sua comparsa all’inseguimento dei due animali. E in effetti, sudato e con lo sguardo trasfigurato, apparve un cacciatore, che si chiamava Kirawa Gonpo Dorje. Fuori di sé dalla rabbia, alla vista della cagna e del cervo tranquillamente accucciati ai piedi di Milarepa, insultando brutalmente l’eremita gli scagliò contro una freccia, che però mancò il bersaglio.
Milarepa, pensando che sicuramente anche un essere umano sarebbe stato altrettanto capace di capire come avevano appena fatto i due animali, gli consigliò di ascoltare il suo canto, prima di scoccare altre frecce.
«Prego tutti i grandi esseri realizzati!
Che ci benedicano di modo che possiamo liberarci dai veleni mentali!
Tu, uomo dal viso d’orco, ascolta il canto di Mila!
S’insegna che il corpo umano sia un gioiello raro,
Ma, guardandoti bene, non vedo nulla di prezioso!
Tu, uomo così malvagio dalle sembienze un demone,
Ambisci i piaceri di questa vita,
Ma così facendo, vai incontro al fallimento.
Se per contro, trionfi sulla tua brama interiore,
Giungerai ad autentiche realizzazioni.
Non potrai mai assumere il controllo dei fenomeni esteriori:
È tempo che tu prenda il possesso della tua mente!
Non realizzerai mai i tuoi desideri uccidendo questo cervo;
Per contro, se riesci ad avere la meglio sui cinque veleni interiori,
Esaudirai ogni tuo desiderio.
Più cercherai di sconfiggere i tuoi nemici esteriori,
Più ne sopraverranno, numerosissimi,
Mentre conquistando una sola mente, la tua,
Porrai fine a ogni circostanza avversa.
Invece di trascorrere la tua vita dedicandoti ad atti nocivi,
Faresti meglio a praticare il Dharma supremo!
Ti insegnerò i sei yoga di Naropa
E ti mostrerò come meditare sul Grande Simbolo».
Benché ancora diffidente ma colpito dal comportamento di quegli animali e dall’inconsueto potere di quel lama, il cacciatore perlustrò la grotta, per capire se non si trattasse d’un ciarlatano, ma non trovando altro che un pugno di radici e foglie, provò una fede così profonda che lo spinse a offrire immediatamente a Milarepa tutto ciò che possedeva, compreso il cervo, proponendogli di mettersi al suo servizio. Milarepa fu immensamente felice del pentimento del cacciatore, e l’accettò come discepolo.
Il cacciatore, commosso dalla rettitudine e dalla benevolenza dell’eremita, scoppiò in lacrime e a sua volta rivolse un canto a Milarepa, con il quale lo pregava di guidarlo. Ma, proprio quando aveva deciso di tornare alla sua famiglia per sistemare i suoi problemi e tornare al più presto, Milarepa lo dissuase cantandogli i seguenti consigli:
« Tu cacciatore, ascoltami bene!
Il temporale fa rimbombare i tuoni, ma non sono che suoni vuoti.
L’arcobaleno ha splendidi colori,
Ma svanisce rapidamente.
Le cose del mondo, anche se piacevoli, non sono che un sogno.
Gli oggetti desiderabili procurano grandi piaceri,
Ma sono all’origine di atti negativi.
Gli oggetti composti sembrano poter durare per sempre,
Ma si distruggono assai rapidamente.
Quello che avevamo ieri, oggi ci manca.
Ciò che l’anno scorso era in vita, quest’anno non c’è più.
Il pasto che consumiamo per il nostro bene si trasforma in veleno.
Chi era un buon amico è divenuto un nemico
E chi ci proteggeva con benevolenza oggi ci copre d’insulti.
Il male che hai fatto nuocerà proprio a te.
Tra cento teste, è la tua quella che ti è più cara.
Delle tue dieci dita, tagliane uno qualsiasi, sarai sempre tu a soffrire.
Tra tutte le donne, quella a cui tieni di più è la tua.
È quindi giunta l’ora che, finalmente, che tu ti prenda cura di te stesso!
La vita è effimera, e ben presto la morte busserà alla tua porta.
Rinviare al futuro la pratica spirituale non è affatto ragionevole.
In realtà le persone care t’impegolano nel samsara.
Ora devi seguire una guida spirituale:
Troverai la felicità in questa vita,
Così come nelle vite successive.
È giunta l’ora di praticare il dharma! »
Dopo aver ascoltato quel canto, Gonpo Dorje si convertì completamente al dharma e abbandonò l’idea di tornare a casa sua. Una volta ricevuti da Milarepa tutti gli insegnamenti necessari, ne fece esperienza interiore attraverso la meditazione e giunse alla realizzazione ultima.
È fu così che divenne uno dei discepoli più cari a Milarepa, mentre il cervo e la cagna furono liberati dalle loro rinascite inferiori. Diventato celebre con il nome di Kira Repa, nella grotta di Milarepa sono tuttora visibili il suo arco e le sue frecce.
[i] Il grande traduttore Marpa (mar pa chos kyi blo gros, 1012-1097) fu il padre spirituale di Milarepa, che viveva nella provincia del Lhodrak, nel Tibet meridionale. Nella storia del Tibet, è tuttora celebre il modo in cui Marpa sottopose Milarepa a diverse prove, prima di conferirgli i suoi insegnamenti,. Si veda: Milarépa, se méfaits, ses épreuves, son illumination, tradotto da Jacques Bacot, Fayard, 1971; Milarépa, Œuvres complètes: La Vie ; Les cent mille chants, Marie-José Lamothe, Fayard, 2006.
[ii] Naropa era il maestro indiano di Marpa. Gli trasmise in particolare gli insegnamenti sulla pratica dei Sei Yoga: gli yoga del calore interiore, del corpo illusorio, del sogno, della chiara luce, del bardo (lo «stato intermedio» tra la morte e la rinascita e del trasferimento della coscienza).
Tratto dalle bozze di ‘Come una goccia di miele‘, pubblicato da Ubiliber, © Tutti i diritti riservati, riproduzione vietata.