Possedere tutto per essere felici?

Matthieu Ricard, il monaco buddista definito «l’uomo più felice del mondo», condivide con noi la sua esperienza, proponendoci un’iniziazione concreta alla meditazione. Questa pratica dona serenità e benessere interiori, che influenzano positivamente la nostra salute, le capacità intellettuali, i rapporti sociali e affettivi. Lo dice la secolare tradizione buddista, e lo confermano le più recenti scoperte della scienza moderna. Forte della sua duplice cultura, occidentale e orientale, l’autore mostra il carattere universale di una pratica fondata sull’amore altruista, sulla compassione, sullo sviluppo delle qualità umane. E rivela i benefici evidenti che, nella nostra società ultraindividualista e materialista, può apportare a ciascuno di noi. Una guida spirituale che svela i segreti per addestrare la mente alla calma e all’equilibrio.

Far coincidere in modo egocentrico la felicità con l’esaudimento di tutti i nostri desideri significa confondere l’aspirazione legittima alla pienezza con un’utopia destinata alla frustrazione. Affermando che «la felicità consiste nella soddisfazione di tutte le nostre inclinazioni», in tutta la loro «varietà», la loro «intensità» e la loro «durata», Kant la relega nella dimensione dell’irrealizzabile. Sostiene anche che la felicità è la condizione in cui si trova chi, «nel corso della sua vita, vede realizzati i propri desideri e la propria volontà», ma viene da chiedersi per quale motivo la realtà dovrebbe conformarsi alle nostre aspirazioni. Questo mi ricorda uno scambio di battute sentito in un film sui mafiosi: «Voglio tutto ciò che mi spetta», «E che cosa sarebbe?» «Il mondo, chico, e tutto quello che c’è dentro…»

Ci troviamo di nuovo di fronte alla volontà cieca dell’io, che vorrebbe trasformare il mondo in base ai propri desideri. Ma anche se il compimento di ogni nostra aspirazione fosse realizzabile, non ci condurrebbe affatto alla nostra totale soddisfazione, bensì alla creazione di nuovi desideri o all’indifferenza, alla noia e alla depressione perché constatare di non raggiungere la felicità nemmeno realizzando tutti i nostri desideri ci porterebbe a dubitare dell’esistenza stessa della felicità, e quindi a demoralizzar ci. Se posso dire: «Ho tutto per essere contento», e non lo sono affatto, allora la felicità è una chimera.

In realtà, in assenza di pace interiore e di saggezza, non abbiamo niente per essere felici. Vivendo nell’alternanza di speranze e di dubbi, di eccitazione e di noia, di desideri e avversioni, finiamo per sprecare la nostra esistenza senza rendercene conto, correndo disperatamente in tutte le direzioni senza arrivare da nessuna parte. La felicità è infatti uno stato di realizzazione interiore, non l’esaudirsi di un numero infinito di desideri rivolti tutti verso l’esterno.

Tratto da “Il gusto di essere felici“, di Matthieu Ricard, Sperling & Kupfer , 2009, © Tutti i diritti riservati, riproduzione vietata .

di  Matthieu Ricard  (Autore), S. Orrao  (Traduttore)

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